DUE GABBIE DA APRIRE

L’altra volta ho ragionato sulla donna reale e sulla distanza che vedo tra questa e la rappresentazione che  ne viene fatta dai mass media.
Chiarire questa dicotomia è il punto di partenza per pensare alle limitazioni che possiamo subire, più o meno tutte e di cui sarebbe bene essere consapevoli.
La prima gabbia in cui ci rinchiudiamo (o ci rinchiudono) è la TAGLIA. Questo numerino che è assunto a categoria estetica, quando invece è solo un codice sartoriale, e neanche tanto universale!
La donna ideale, nella seconda metà del ‘900, anzi dagli anni ’60 in poi, si è assottigliata sempre di più: dapprima ha perso la sua rotondità con l’ingresso nel mondo del lavoro, dove era chiamata a ruoli diversi da quelli della “fattrice”. Si è via via androginizzata e la sua immagine si è cristallizzata in un’eterna adolescenza.
Riuscire a fare parte della categoria di ragazze e donne che vestono 42 è un’ossessione: chi di noi non ha mai seguito diete, controllato il peso compulsivamente, fatto palestra senza piacere!  Alcune collezioni di abbigliamento, specialmente nella grande distribuzione, propongono capi a taglia unica che vestono 42 al massimo….così il vincolo della taglia inizia ad agire già sulle pre-adolescenti che sono anche la categoria più a rischio.
Mentre scrivevo mi è tornato in mente uno scritto di Fatima Mernissi e sono andata a rileggermelo (”L’harem e l’Occidente”, 2000); ve lo riporto perché è molto interessante. Mernissi è una sociologa marocchina; si trovava negli Stati Uniti per un congresso, entra in un negozio di abbigliamento e lì scopre che i suoi fianchi larghi non le consentono di entrare in nessuna gonna del negozio, letteralmente non rientra nei canoni estetici occidentali, non ha la 42 e la venditrice non ha nulla da proporle della sua taglia.
Nel suo saggio Mernissi compara l’ossessione delle donne occidentali per la taglia 42 al velo obbligatorio per le donne mussulmane.
Io credo che a questa ossessione sia legato anche il secondo grande tabù femminile degli ultimi 40 – 50 anni che è quello dell’INVECCHIAMENTO. Sì, perchè così come la donna non può non essere magra, non può neanche invecchiare, pena la perdita di visibilità. Anche in questo caso i messaggi che il mondo della pubblicità manda al pubblico femminile, iniziano a lavorare su un target d’età via via sempre più giovane, basti pensare alle creme anti-aging indirizzate in modo specifico alle giovanissime.
Chissà perché una donna sopra i 50 anni, diciamo dalla menopausa in poi, invecchia mentre un uomo alla stessa età matura e acquista fascino?!
L’immagine della strega è dura a morire, ma ultimamente per fortuna qualcosa sta cambiando: nei servizi fotografici si iniziano a vedere donne mature (e anche oltre) interpretare con ironia e glamour le collezioni di moda e diventare testimonial di campagne pubblicitarie. E ciò mi rallegra perché segna un cambio di passo notevole.

Quando verso la fine degli anni ’80 arrivò in Europa la moda minimal proposta dai grandi stilisti giapponesi, fu una rivelazione:  la lezione della fluidità dei tessuti, della taglia unica come liberazione e non come costrizione, segnò una cesura rispetto a tanta cultura del vestire occidentale. E insegnò a molte di noi un approccio più ironico e più disinvolto all’abbigliamento. Era una moda che accoglieva corpi differenti tra loro e si adattava ad età diverse, restituendo dignità a tutte. Per quanto mi riguarda, avevo iniziato da poco a muovermi nel mondo della moda e ne restai affascinata. Tanto che il primo allestimento del negozio Poncif venne disegnato ispirandosi ai negozi di Yamamoto, limpidi e ariosi.

Se dovessi rintracciare alcuni capisaldi degli ingredienti più tipicamente “Poncif” direi che sono una preferenza incondizionata per la silhouette degli anni ’50 (che è quella che io giudico più naturale),  la curiosità per il mondo giapponese (tanto per i grandi stilisti, quanto per l’artigianato raffinatissimo) e l’amore per il colore, imprescindibile elemento delle nostre scelte stilistiche.

Sono arrivata alla fine di questa presentazione, forse un pò prolissa. Mi sembrava utile però spiegare punto di vista di noi ragazze di Poncif, spiegare come guardiamo il mondo femminile e la moda.

Dalla prossima volta vorrei raccontarVi più da presso del nostro lavoro di ricerca: vorrei presentarVi alcune artigiane e artigiani con cui collaboriamo, con una breve intervista, una spiegazione magari più tecnica e qualche foto.
Rileggo, correggo e clicco.

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